Il programma di Rai 1 “Musica che unisce” ha fatto boom di ascolti e di click. Ma qualcuno ha sottolineato che i video mandati in onda erano registrati e non live. E troviamo da ridire anche su un evento che ha intrattenuto gli italiani. Siamo purtroppo abituati ai collegamenti via Skype ma la Rai ha optato per le registrazioni e non per la diretta. Una scelta che può essere condivisibile o meno. Il Living Room Concert americano è dal vivo. E’ vero. Li qualcuno ha fiutato il business. E’ normale. Oltreoceano sono stati sempre più avanti di noi in ambito musicale e non c’è da stupirsi. Si parla del mancato calore della diretta, si parla dell’emozione che da l’esibizione dal vivo. Tutto vero ma lo streaming può diventare il futuro. Fermatevi e pensate. Per un concerto c’è chi lo organizza, chi monta il palco, chi fa la security, chi lavora dietro le quinte, i fonici che si occupano della qualità del suono ecc ecc ecc. Costi si, ma anche un sistema che da il pane a tante famiglie che fanno questo mestiere dietro le star. Occhio però. Perché se qualcuno, che già c’è, fiuta l’affare, crea una piattaforma apposta dove poter organizzare concerti live non da casa ma magari con una scenografia dietro, propone i concerti dietro un abbonamento stile Netflix a prezzi irrisori rispetto a un posto allo stadio in prima fila. Occhio. Si potrebbe passare dai canonici in media 30 euro di un concerto allo stadio o al palazzetto a magari 10 euro per vedersi il concerto. Con tutte quelle famiglie di cui parlavo prima però che finirebbero con il culo per terra: niente più attrezzisti, niente più fonici, niente più security. Qualcuno ci sta pensando o ci avrà già pensato. E non prendiamocela con mamma Rai che per fare i servizi del calcio con 90° minuto gira ancora con la regia mobile. Davvero qualcuno pretendeva dalla Rai collegamenti in diretta streaming con tutti quegli artisti? Dai. Fatto sta che anche un bell’evento che ha fatto passare qualche ora di intrattenimento (Vero) viene contestato seppur da un numero relativo di persone. Tanto prima o poi se ci arrivano prima in America li copieremo: il nostro mercato discografico ormai è un copia incolla di quello Oltreoceano